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Il mio percorso nella musica

Ciao a tutti e bentornati in questo nuovo post! Scusate se nell'ultima settimana non ho pubblicato ma il Conservatorio e la scuola sono ricominciato a pieno ritmo e io mi sono ritrovata improvvisamente impegnata! Non mi perdo in chiacchiere ed iniziamo subito. Buona lettura!


Oggi parliamo di musica, che come ho detto nel primo episodio è la mia più grande passione. Se si vuole studiare musica, che sia classica, jazz, rock o qualunque altro genere la salita è lunga e ripida, non vi posso dire com’è la cima perchè non ci sono ancora arrivata, e l’impegno richiesto è tantissimo.

Partiamo proprio dal principio, ovvero la mia decisione di iniziare a suonare il pianoforte, che ho preso alla scuola materna, non ricordo se a quattro o cinque anni. Spesso la gente se chiede se mamma e papà suonano, o se lo fa qualche nonno o parente. Io scuoto sempre la testa. Il motivo, credo, del mio amore per la musica classica è stato comunque mio padre, che pur non suonando niente ha sempre amato e ama tutt’ora ascoltare Mozart, Beethoven e Bach. Specialmente quando ero più piccola ogni volta che lui era a casa si sentiva uscire dalle casse qualche soave melodia, a volte allegra, a volte drammatica.

Probabilmente questo mi piaceva, e perciò ho deciso di iniziare.

Sono andata ad iscrivermi in una scuola nel mio paese, dove una volta a settimana facevo lezioni singole. Lì ho imparato le basi, quindi le note (do re mi fa sol la si, che quando non sapevo dicevo do re mi fa ma le) e alcune durate basilari. Ricordo che per esercitarmi a casa utilizzavo una tastiera di plastica da dieci tasti, che si illuminavano e con delle casse che ogni due per tre gracchiavano o “Jingle Bells” o qualche altra canzoncina. Era difficilissimo suonare così, ti passava la voglia.

Sarà per questo che dopo poco ho avuto la mia prima tastiera a ottantotto tasti, sempre digitale, e di certo non il top di gamma, ma abbastanza per farmi risvegliare quella fiamma di passione che prima bruciava allegramente.

Ho passato due o tre anni in quella scuola, finchè, visto che con il mio maestro parlavo principalmente di Harry Potter, i miei genitori hanno deciso di farmi cambiare ed iscrivermi a Milano, dove il mercoledì facevo lezione con altri tre ragazzini per circa un’ora.

Mi piaceva lì, e ci sono anche rimasta un bel po’.

La mia maestra era simpatica, e anche i compagni.

Ed era divertentissimo ogni mercoledì uscire da scuola e prendere il treno, la metropolitana e poi camminare un po’. La vedevo come un’avventura.

Facevo i saggi, e gli esami a fine anno.

Per tutti e tre gli anni ho sempre preso dieci, ma mai la lode. Ogni volta che uscivo dall’aula d’esame, tra l’altro molto simpatica, decorata con le coccinelle e le chiavi di violino, i professori in commissione mi dicevano che se ci fosse stata un’altra lode l’avrei presa io.

Sfortunatamente non c’era, e il vantaggio che comportava (non pagare l’anno scolastico successivo) non è mai stato mio.

Credo all’inizio del terzo anno nella scuola, sono entrata a far parte del Circolo delle Piccole Filosofe, che aveva deciso di aprire la figlia della amica di mia mamma. Ci incontravamo una domenica sì e una no, insieme ad altri bambini, e con la supervisione della scrittrice Luisa Muraro parlavamo di un sacco di cose. Non era male. Ho conosciuto meglio la figlia dell’amica di mamma, Lola, violinista.

Ho scoperto che lei suonava nei Piccoli Pomeriggi Musicali, un’orchestra giovanile in cui puoi suonare dai 7 ai 18 anni, quando sei costretto a lasciare l’orchestra, tra abbracci, applausi e baci.

Sono andata a vederla ad un paio di spettacoli, ed inutile dire mi sono piaciuti moltissimo.

Siccome stavo migliorando molto con il pianoforte mamma ha deciso di mettersi in contatto con la coordinatrice dell’orchestra, e chiederle se fosse possibile che entrassi anche io.

Lei si è informata un po’, poi ha detto di sì.

E’ arrivato quindi il giorno delle mie prime prove, il venerdì.

Ho conosciuto gli altri pianisti, quello spettacolo solo due perchè una era in vacanza credo, il direttore d’orchestra, abbastanza simpatico, gli altri orchestrali, e infine la coordinatrice Paola, che inizialmente mi incuteva un po’ di timore, essendo altissima, ma che poi ho capito essere strepitosa.

Ho preso la mia prima strigliata da Daniele il direttore, ma contrariamente alle aspettative dei miei non ho versato una lacrima. Anzi, alla fine delle prove ero esaltatissima!

Mamma mi portava sempre a Milano per le prove, e di solito si fermava ad ascoltare e a chiacchierare con Paola. A furia di parlare per tre ore e mezzo ogni venerdì sono diventate amiche, ed erano anche in confidenza oramai, abbastanza da permettere a Paola, dopo la spiegazione di mia mamma sulla scuola dove studiavo, di rispondere che un’ora da dividere per quattro alunni era veramente pochissimo.

Le ha quindi consigliato di farmi provare ad entrare al Conservatorio di Milano, una delle scuole di musica più prestigiose d’Italia.

Inizialmente mi sembrava un miraggio.

Mamma e papà sono andati a parlare con la direttrice, che era stata insegnante dei figli di Paola, entrambi diplomati lì, e li ha indirizzati verso due professori. Una faceva avanti e indietro da Roma perchè aveva la mamma malata, e non ci sembrava il caso, mentre l’altro era lì.

Siamo andati a parlargli, lui mi ha chiesto di suonare qualcosa e per circa sette mesi ho preso lezioni private da lui. Quando ha detto il costo i miei genitori hanno detto che era semplicemente impensabile, allora lui per permettermi di prepararmi a sufficienza per l’esame d’ammissione ha convinto la direttrice ad abbassare il prezzo di tutte le lezioni private!

Così è iniziato il mio percorso con lui, in Conservatorio.

Mi resi istantaneamente conto che con lui non si scherzava, tanto quanto era gentile era anche pretenzioso.

In Conservatorio ogni professore ha la sua classe, rappresentata dai dodici alunni a cui insegna. Il mio maestro era l’unico che ogni mese facesse fare un saggio a tutti, solo per gli altri compagni e i genitori.

Quando sono arrivata al primo, a febbraio, ero fierissima di me, e, memore delle precedenti scuole, convinta che sarei stata sicuramente tra le migliori.

Non ricordo che pezzo suonassi, ma era sicuramente abbastanza facile.

La prima allieva si alzò, e disse che suonava la sonata numero qualcosa di Chopin.

Fu allora che pensai “Okay, forse il livello qua non è esattamente come nella mia vecchia scuola”, e sentendo suonare uno dopo l’altro i miei compagni continuavo a pensare solo questo.


Se questo post vi è piaciuto, allora rimanete sintonizzati, perchè o domenica o venerdì uscirà la parte due in cui finisco di raccontarvi tutto.

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Ti ringrazio per essere arrivato fin qui, ti auguro una splendida giornata e ci vediamo mercoledì prossimo con un nuovo post!





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